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Sindrome premestruale

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La sindrome premestruale (SPM) è presente, in forme e gravità differenti, in una percentule stimata attorno al 20% della popolazione femmininle.
Si tratta, in realtà, di una sindrome complessa, multiforme, che viene clinicamente suddivisa in quattro sottogruppi fondamentali, a seconda della sintomatologia principale.

1 - Se sono i sintomi nervosi a essere i più importanti, viene definita come SPM-A, dove A sta per ansietà. Spesso insieme all'ansia si presentano altri sintomi come irritabilità e nervosismo.
A seconda della gravità di questo sottogruppo, la donna può sperimentare comportamenti sociali e familiari alterati, dando scarsa importanza alla famiglia o a se stessa. In questo sottogruppo, a livello chimico, sono stati osservati elevati tassi ematici di estrogeni e bassi di progesterone.

2 - Il secondo sottogruppo, più comune, è associato a sintomi di ritenzione idrica e di sali, gonfiore addominale, anche pronunciato, mastalgia e guadagno di peso. Tale sottogruppo viene identificato con la sigla SPM-H. Nelle sue forme più importanti si notano elevati livelli serici di aldosterone.

3 - Nel terzo sottogruppo si nota, invece, uno smodato desiderio di dolci e aumentato appetito in genere. In queste occasioni la donna non resiste e si riempie, in maniera compulsiva, di dolci di ogni tipo, spesso fanno seguito sintomi come grande affaticamento, brevi momenti di mancamento, cefalee e tremori. In queste donne si sono riscontrati bassi livelli di magnesio nei globuli rossi e aumentata tolleranza ai carboidrati. Sembra inoltre diminuito il valore di una prostaglandina, la PGE.
Questo sottogruppo viene indicato con la sigla SPM-C.

4 - All'ultimo sottogruppo viene assegnata la lettera D, dove D sta per depressione SPM-D. Tale sintomo può comprendere indifferenza e rinuncia alla vita, insonnia, perdita temporanea della memoria e confusione. In questo gruppo i rilievi chimici danno risultati piuttosto vari. Possono esserci tassi estrogenici più bassi e tassi progestinici più alti nella fase medio-luteale. In alcune pazienti può esservi un tasso piuttosto alto di androgeni, così come possono esserci alti livelli tissutali di piombo (mineralogramma).

Alcuni integratori hanno dato prova di essere in grado di mitigare, in maniera soddisfacente la sindrome premestruale.

Il minerale oggi più conosciuto ed utilizzato è senza dubbio il magnesio, tenendo anche conto del fatto che la vita moderna spesso ci impone ritmi lavorativi e contatti sociali piuttosto intensi.
Il magnesio modula la risposta nervosa riducendo l'eccitabilità dei neuroni ma ha anche la capacità, con meccanismi non ancora ben chiariti, di ridurre la ritenzione idrica, la durata e l'intensità delle crisi di emicrania.
Risulta quindi il minerale di prima scelta in donne con SPM.


La piridossina o vitamina B6, è una vitamina molto termolabile, per questo risulta spesso carente.
La sua importanza deriva dal fatto che è implicata nel meccanismo dei neurotrasmettitori, ma anche nel metabolismo del maggior contenuto di estrogeni; questi sono responsabili, tra gli altri effetti, della depressione in fase mestruale (questi ormoni, infatti, stimolano la produzione di un enzima che distrugge il triptofano, aminoacido importante nell'equilibrio neuro-psichico).

Anche il calcio fa la sua parte. Ricercatori americani hanno prodotto uno studio multicentrico in cui 466 donne, sofferenti di SPM, hanno portato a termine il protocollo, consistente in 1200mg di calcio carbonato (o placebo) per tre cicli mestruali consecutivi.
Un completo esame dei 4 sintomi principali (umore, ritenzione idrica, fame compulsiva e dolore), più analisi cliniche ha portato ai seguenti risultati: nella fase luteale si è avuta una riduzione significativa di tutti e quattro i sintomi nel secondo e nel terzo ciclo di trattamento.

Il triptofano è un aminoacido essenziale che ha una sua importanza nella riduzione di alcuni sintomi premestruali.
Come precursore della sintesi di serotonina, può essere considerato un aminoacido rilassante, sedativo, con funzioni benefiche anche sull'umore (i moderni farmaci per la terapia della depressione aumentano la presenza di serotonina nelle cellule nervose cerebrali).
Da notare che anche tramite un'alimentazione specifica si possano raggiungere buoni risultati senza ricorrere alla supplementazione.
E' noto, infatti, che il triptofano è un aminocido presente in quantità ridotte rispetto ad altri aminoacidi con i quali compete per i trasportatori utilizzati per attraversare la barriera ematoencefalica.
Pasti ricchi di proteine tendono quindi ad abbassare livelli di triptofano nel cervello, mentre pasti ricchi di carboidrati ne facilitano l'entrata.

La vitamina E, meglio definita come insieme di tocoferoli (dal greco "portare figli", perchè ritenuta in grado di aumentare la fertilità femminile), risulta in effetti molto utile alle donne.
Nella menopausa si è dimostrata in grado di diminuire le vampate, ma anche nella sindrome premestruale ha la sua efficacia.

Tra gli alimenti che tendono a peggiorare tale sindrome c'è il caffè, inteso come dose-dipendente.

Non si può concludere questo articolo senza menzionare alcune erbe che hanno mostrato risultati validi nel combattere la sindrome premestruale.
L'agnocasto, per esempio, è un classico rimedio che ha mostrato la sua efficacia nella riduzione di molti sintomi e senza particolari effetti collaterali.
Anche l'iperico, soprattutto nel caso di predominante depressione, ha mostrato notevole utilità.
Stesso discorso per lo zafferano, salito alla ribalta solo recentemente per le sue interessanti doti.


Liberamente tratto da L'Erborista - Ottobre 2008

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